sabato 9 marzo 2013

Dov'è il tuo Chavez ora?

Sono giorni, ormai, che sento comunisti e socialisti elogiare il defunto dit... ehm, Presidente del Venezuela Chavez. Ha diminuito la disoccupazione, dicono. Ha aumentato il livello di istruzione. Ha abbattuto la povertà. Ha un vasto consenso. 
Tutto giusto, se si osserva la situazione senza andare ad analizzare cosa c'è dietro queste affermazioni. Anche della Germania di Hitler si potevano dire le stesse cose, in fondo. 

Le ultime notizie dal Venezuela parlavano di una scarsità di generi alimentari nel mese di Dicembre,  un calo di circa il 16%, costante anche nei mesi successivi. Eppure, stando a quanto dicono i comunisti/socialisti, questo dovrebbe essere il Paese dei balocchi, dove tutti stanno bene. 

Analizziamo quindi nel dettaglio cosa è accaduto ed in che modo il regime di Chavez ha operato per guadagnare consensi e attuare politiche di facciata. 

Chavez è consapevole che per mantenere il consenso è necessario legare i cittadini allo Stato. Più essi sono legati allo Stato, più sarà facile controllarne gli umori, la mentalità ma soprattutto gli interessi economici. Ed è qui che entra in gioco la politica socialista di Chavez. Ha nazionalizzato il petrolio, permettendo ad una sola impresa, di fatto controllata dallo Stato, l'estrazione e la vendita del petrolio, di cui il sottosuolo venezuelano è ricco. Con i soldi del petrolio ha finanziato ampie politiche sociali e persino assunzioni nel settore pubblico che è cresciuto al ritmo di circa 310 dipendenti al giorno negli ultimi 10 anni. Con due semplici moltiplicazioni, abbiamo il numero di nuovi assunti nel settore pubblico in 10 anni: 1.131.500, su una popolazione di poco più di 28.000.000. 

Ovviamente il petrolio non poteva, e non può mantenere un assetto statale così elefantiaco. Entrano in gioco quindi due politiche tipiche delle dittature socialiste: la stampa di denaro ed il blocco dei prezzi. 

La stampa di denaro dalla parte della banca centrale, così come in ogni Stato che abbia una stampante, crea inflazione. La maggiore disponibilità di denaro contante nel sistema economico fa sì che la domanda aggregata si surriscaldi, spingendo quindi i consumatori a cercare di soddisfare i propri bisogni finora rimasti insoddisfatti. In altre parole, se io guadagnerò di più, cercherò di comprare finalmente quei beni che avevo tanto desiderato. L'inflazione ha inizio così, con persone entusiaste di spendere. 

Le imprese, davanti ad una domanda aggregata così alta, reagiscono con l'innalzamento dei prezzi. L'aumento della produzione è, infatti, molto più lento rispetto alla formazione del desiderio di comprare nella mente di un consumatore. Richiede investimenti, risorse, ed il surriscaldamento della domanda non è sufficiente, da solo, a stimolare una maggiore produttività. In Venezuela, in particolare, la decrescita della produttività è rimasta pressoché costante.

Come dicevo, quindi, la domanda si surriscalda ed i prezzi aumentano vertiginosamente. Questo fa sì che il valore di quel denaro aggiuntivo stampato tenda a diminuire e, con esso, il potere di acquisto del consumatore (il c.d. salario reale). Eccoci nell'inflazione. C'è più denaro in giro, ma i costi si sono alzati così tanto che quel denaro aggiuntivo ha perduto valore. E più se ne stamperà, più il suo valore crollerà. 

In Venezuela stava accadendo esattamente questo, quando il governo è intervenuto con la seconda politica: il blocco dei prezzi sui prodotti base.

Il blocco dei prezzi ha l'unica utilità di far credere che vada tutto bene e di mascherare l'inflazione agli occhi di chi acquista. In poche parole, si impone alle aziende di non rispondere all'aumento della  domanda con un conseguente aumento dei prezzi, ma di tenerli bassi. 
Questo produce essenzialmente due problemi:
1. Il profitto di un'impresa è dato dalla quantità venduta moltiplicata per il prezzo di vendita dei beni, meno il costo totale (cioè i costi di produzione dei beni, compresi i salari dei dipendenti). Se blocco il prezzo di vendita artificialmente, mentre i costi totali sono altissimi a causa dell'inflazione, l'impresa andrà in fallimento o dovrà diminuire la produzione per far fronte alle spese aggiuntive. Il risultato è un calo generale della produzione in tutto lo Stato.
2. Il calo della produzione, a fronte di una domanda sempre più alta a causa dell'inflazione e del maggiore potere di acquisto dei consumatori, crea un ulteriore aumento della domanda. In altre parole, essendoci milioni di dipendenti pubblici che percepiscono grandi quantità di denaro contante a prescindere dallo stato di salute delle imprese, tali dipendenti tenderanno a comprare innanzitutto i beni primari, cioè il cibo. Ma le imprese, come già detto, producono sempre meno perché non c'è profitto. C'è dunque carenza di cibo, nonostante il denaro circolante sia sempre di più. Quel denaro, pur essendo tantissimo, non basta a comprare una pagnotta di pane perché questa manca sugli scaffali a causa dei costi proibitivi di produzione. Per tutti gli altri beni sui quali non è stato imposto il blocco dei prezzi, vale quanto già detto, e cioè che le industrie non riescono a far fronte ai costi altissimi ed offrono pochi prodotti ad un prezzo elevatissimo. 

A ciò si aggiunga una cieca politica estera che vede la chiusura delle frontiere e lo scoraggiamento di importazioni ed esportazioni che sopravvivono solo sul mercato nero. La demonizzazione del capitalismo è stata utile su questo fronte. 
La chiusura delle frontiere ha avuto la funzione di impedire l'ingresso nella società di idee democratiche, di professionisti capaci di capire la politica statale e quindi di creare dissenso tra la popolazione, di diritti che in Occidente si danno per scontati ma che in America Latina si conoscono soltanto di nome. 
Ad ogni dittatura fa comodo avere una popolazione ignorante. Non è pericoloso insegnare a tutti a leggere e scrivere se poi si privano queste persone della possibilità di leggere testi che gli aprirebbero gli occhi. E' invece comodo sotto il profilo organizzativo e propagandistico. Per fare un esempio banale: un manifesto di propaganda costa molto meno dell'organizzazione di un comizio ma, se tutti sanno leggere, il messaggio arriva ugualmente. 

Abbiamo dunque appurato che è vero che la disoccupazione è diminuita, ma l'economia ha risposto con un impoverimento generale e con la carestia. 
Non ha mai abbattuto la povertà, questa è una deduzione errata dei comunisti: se c'è persino carestia di cibo, figurarsi se la gente andrà a comprare altro e, quindi, pensiamo a cosa accadrà a quelle imprese che producono beni non essenziali. 
Ha aumentato il livello di istruzione: sì, è un ottimo modo per creare consensi e legare la popolazione allo Stato, il problema è capire cosa insegnano davvero nelle scuole, che in sistemi come quello venezuelano diventano dei centri di indottrinamento. 
Ha un vasto consenso: ovvio. Ha legato allo Stato milioni di elettori che non voteranno mai per un altro Presidente che li priverà di stipendi già miseri. 
L'unico risultato raggiunto da Chavez è quello di aver distrutto l'industria venezuelana. Chiudo con dei dati sulla produzione industriale su alcuni settori. Parlano da sé. 


2005 2010
Acciaio 123 55
Ferro 118 75
Alluminio 98 56
Cemento 109 163
Petrolio 80 91
Automobili 115 71

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