mercoledì 20 novembre 2013

I 5 vantaggi della scissione del PDL

La scissione del PDL ed il divorzio, non troppo prevedibile, tra il sottomesso Alfano ed il padrone Berlusconi, sono stati l'ennesimo teatrino di un partito che non sa più contro chi rivolgersi. La tecnica è stata insegnata dal PD, che si è movimentato contro se stesso - e lo è tuttora - creando questo Renzi che fa un po' da homo novus, dando una nuova anima al partito. Forse l'unica. Notato che la tecnica funzionava, e che la storia delle primarie e dello scontro tra vecchi e giovani infervorava i membri del partito e l'elettorato, il PDL non ha perso occasione per imitare il format piddino, con un po' di sane migliorie apportate dal sempreverde Cavaliere. 

Premettiamo una cosa: in ogni partito ci sono più movimenti scissionisti, raccolti intorno ai personaggi più in vista. Da quando Angelino fu scelto come segretario del PDL, esiste una frangia di pidiellini - sia membri che elettori - che hanno chiesto a gran voce ad Alfano di staccarsi dal PDL e correre da solo. Io me ne sono reso conto leggendo i commenti nella pagina facebook di Alfano, ma anche leggendo le lettere e le opinioni di moltissimi lettori di giornali, sia online che non. Ma bastava guardare la storia recente del partito, con i gruppi che si sono staccati, per capirlo. Non è niente di nuovo. 
Nel caso della scissione, però, c'è stata una anomalia: a staccarsi non è un Crosetto di cui non importa niente a nessuno, ma è Angelino Alfano, il braccio destro del Cavaliere, segretario per volontà dello stesso Berlusconi e notoriamente privo di colonna vertebrale. All'improvviso, con uno slancio patriottico, il Don Abbondio del PDL abbandona la sua zona  di conforto ed inizia a correre da solo con pochi membri che lo appoggiano. E Berlusconi, notoriamente un uomo che governa il partito con il pugno di adamantio, lo lascia fare

Perché? 

I vantaggi sono diversi: 

1. Voti dei delusi. Il centrodestra berlusconiano ha perduto un buon 10% di voti nell'arco di pochi anni, riducendosi a quel nocciolo duro di elettori che, pur di continuare a votare a destra, si accontentano di votare Berlusconi. Tuttavia resta un frangia di delusi da Berlusconi che vorrebbe votare un partito di centrodestra, ma non trova alcuna alternativa tra i pacifici scissionisti quali Crosetto o Meloni, né tra tutti i naufraghi di AN. Alfano, scissionista importante dell'ultim'ora che ha saputo staccarsi da Silvio con un atto di coraggio e con lacrime di dispiacere, è la valida alternativa da offrire ai delusi. Un 10-12% di elettori che probabilmente nelle ultime elezioni si è astenuto o ha votato M5S per protesta. Alfano è il nuovo che avanza, e se avete già sentito questa espressione ma non ricordate dove, pensate a Firenze.

2. Puritanesimo. Il ritorno a Forza Italia richiedeva una sorta di "purificazione" delle personalità intorno a Berlusconi. Si sa, il Cavaliere ha iniziato da solo, e se ha fallito così tante volte è perché ha voluto far felici i suoi collaboratori, primo fra tutti proprio Alfano, che non voleva saperne di lasciare la poltrona di Ministro degli Interni. L'abbandono di Alfano è stato un atto necessario per dare prova ai nostalgici della libbberalissima Forza Italia che stavolta si ricomincia, e si fa sul serio. Insomma, un restart senza troppi programmi in startup, rapido e funzionale, essenziale e senza bug. 

3. Mobilitazione. Come dicevo nella mia premessa, i partiti hanno bisogno di essere costantemente mobilitati per acquisire voti. I partiti che ristagnano nell'immobilismo e si limitano a fare politica attraverso le istituzioni, non sopravvivono. Infatti non esistono. Ciò accade perché la maggior parte degli elettori ha ancora la concezione di "partito popolare", cioè di partito che deve fare scalpore, deve attaccare qualcosa, deve guidare, letteralmente, il popolo al suo riscatto. Il partito che fa funzionare lo Stato e basta, non ottiene voti perché nessuno sa davvero come debba funzionare lo Stato. A Berlusconi serviva proprio questo: un obiettivo comune verso il quale scatenare retorica, sigle, slogan ed entusiasmo, e lo ha trovato nel processo di scissione e nella rinascita di FI. 

4. Padre buono. I partiti non sono fatti solo dalle personalità che appaiono nei talk show, ma anche da una base di nuovi membri che giungono ogni anno con la convinzione di poter diventare importanti e di poter insegnare ai vecchi volponi che stanno più in alto. Questa scissione è nata anche dal basso, tra quei neo-laureati che hanno frequentato i seminari di partito e con spirito intraprendente si sono avviati nel magico mondo della politica, vedendosi già presidenti e chissà che altro. Berlusconi ha dimostrato loro di essere un padre buono e li ha lasciati volare da soli - con Alfano - non appena lo hanno chiesto a gran voce. 
Probabilmente ora si crederanno dei grandi e faranno un'ottima pubblicità all'immagine di Berlusconi e della futura coalizione che guiderà alle elezioni, attirando così nuove reclute.

5. Controllo sul governo. La divisione del PDL permette ora a Berlusconi di fare propaganda elettorale attiva in stile M5S, senza tuttavia dover per forza togliere la maggioranza al Governo. Alfano infatti resterà al suo posto, con i suoi, a presidiare la maggioranza, ma pronto a ritirarsi non appena converrà ad entrambi andare alle elezioni. 

Quando ci sarà una vera scissione, sui ribelli si scatenerà una pioggia di scandali, per mezzo delle schiere di giornalisti e free-lance che rispondono al gruppo editoriale della famiglia Berlusconi. 
Insomma, quando ci sarà una vera scissione, vedrete un vero e proprio litigio tra fidanzati, con il rinfacciarsi reciproco di ogni nefandezza con la vittoria di chi ha più argomenti. Come accadde con Fini. 

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