venerdì 19 luglio 2013

Matrimoni omosessuali

Ogni volta che in qualche Stato, in genere di civiltà giuridica equiparabile a quella anglosassone, una sentenza delle corti costituzionali locali (chiamate poi con nomi differenti) riconosce alcuni diritti alle coppie omosessuali, in Italia si inizia a mugugnare riguardo l'arretratezza mentale e giuridica del nostro ordinamento e di chi ne fa parte.
Ora a prescindere dai cliché che ci portiamo dietro e che amiamo associare ai nostri politici e al cosiddetto "italiano medio" - figura che non ha ragione d'esistere neanche come modello teorico al quale tenderebbe la popolazione italiana - è bene dare uno sguardo alla questione sotto il profilo strettamente giuridico, perché è nelle aule di tribunale e del parlamento che la questione verrà dibattuta, non nelle piazze. 

La famiglia è una forma di società naturale preesistente allo Stato, fondata su un tipo di rapporto giuridico definito come matrimonio, che è un atto con il quale si rende conoscibile alla società la costituzione di un nucleo familiare. E' parte di quelle tendenze umane, come quella alla proprietà privata o all'autoconservazione, che lo Stato in alcun modo può intaccare con provvedimenti particolari volti a modificare la società e dirottarla verso un certo modello ideale. 
Essendo la famiglia una società naturale, essa è anche un diritto naturale e fondamentale dell'uomo, puntualmente riconosciuto dall'art. 2 della Costituzione italiana, laddove statuisce che "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità." Con formazione sociale si intendono non soltanto le associazioni spontanee di individui per perseguire uno scopo comune, ma anche il matrimonio stesso, inteso come l'unione di due esistenze. 
All'art. 3, la Costituzione Italiana dice ancora:

Art. 3) Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale  e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione; di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

La semplicità dell'articolo non ha bisogno di ulteriori spiegazioni. Il matrimonio, in quanto tendenza naturale dell'uomo, è necessariamente parte dell'autodeterminazione di un individuo. In concreto, un individuo che non possa completarsi tramite un riconoscimento pubblico della propria unione nei confronti della società in cui vive, è un individuo in catene, privato delle sue libertà più antiche. 
Intervenendo tramite legislazione particolare, lo Stato, nel corso dei secoli, non ha fatto altro che deformare ogni diritto naturale dell'uomo, per adattarlo a modelli di società ritenuti idonei o corretti da coloro che avevano il potere di legiferare. Se la legge fosse rimasta generale e astratta, così come vuole la sua definizione più antica, gli articoli 2 e 3 della Costituzione, già citati, sarebbero stati più che sufficienti per garantire anche a coppie omosessuali un riconoscimento tal quale a quello delle coppie eterosessuali. Anzi, il problema della distinzione non si sarebbe neanche posto, dal momento che entrambe le unioni sarebbero state di eguale valore nei confronti della società e della legge. 

Parlo di legislazione particolare perché, stando ai soli due succitati articoli, sembrerebbe che nessun ostacolo vi fosse ad un matrimonio tra due individui dello stesso sesso. Lo stesso articolo 29, senza scendere nel dettaglio, specifica:

Art. 29) La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.

Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare.

Mi sembra di non notare alcun riferimento alla necessità che il matrimonio sia fondato sull'unione tra un uomo e una donna, così come mi sembra di notare che alla base dello stesso non vi sia neanche la potenziale capacità a procreare, presupposto che molti proibizionisti addurrebbero per continuare a vietare unioni omosessuali. In realtà il presupposto a procreare è del tutto ingiustificato, dal momento che, se fosse alla base di una unione matrimoniale, esso escluderebbe non solo le coppie omosessuali, ma ogni coppia naturalmente impedita a procreare a causa di patologie o semplice anzianità. L'impotenza, per esempio, è riconosciuta come causa di nullità del matrimonio solo qualora il coniuge impotente non l'abbia dichiarata prima dell'atto e nel caso in cui l'altro coniuge abbia ritenuto essenziale al matrimonio la capacità a procreare.
Pur sussistendo tutte queste ragioni per riconoscere legittimamente una unione omosessuale, l'ordinamento italiano è viziato da diversi impedimenti, sotto forma di legislazione civilistica o speciale, che impedirebbero tale riconoscimento. 

Per meglio spiegarlo, cito direttamente parte della sentenza n. 138 del 2010 della Corte Costituzionale:

"l’istituto del matrimonio civile, come previsto nel vigente ordinamento italiano, si riferisce soltanto all’unione stabile tra un uomo e una donna. Questo dato emerge non soltanto dalle norme censurate (ossia vari articoli del codice civile ndr), ma anche dalla disciplina della filiazione legittima (artt. 231 e ss. cod. civ. e, con particolare riguardo all’azione di disconoscimento, artt. 235, 244 e ss. dello stesso codice), e da altre norme, tra le quali, a titolo di esempio, si può menzionare l’art. 5, primo e secondo comma, della legge 1 dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), nonché dalla normativa in materia di ordinamento dello stato civile. In sostanza, l’intera disciplina dell’istituto, contenuta nel codice civile e nella legislazione speciale, postula la diversità di sesso dei coniugi."

Stando così le cose, è chiaro che, pur sussistendo nella Costituzione tutti i presupposti per il riconoscimento di un matrimonio omosessuale, nella legislazione particolare non se ne fa menzione, né come divieto, né come modello. Semplicemente, esso non viene considerato, mentre è espressamente menzionato il matrimonio tra coppie eterosessuali in quelle norme che fanno riferimento ai ruoli e ai diritti di "marito" e "moglie", che vanno necessariamente intesi come "maschio" e "femmina". 

La stessa sentenza, in merito a questa osservazione, stabilisce che, nonostante tutto, le leggi scritte espressamente per coppie eterosessuali non siano da ritenersi incostituzionali, nonostante i già citati art. 2, 3 e 29, perché nel momento della redazione della Costituzione, i costituenti non ebbero alcun riguardo alle coppie omosessuali, di cui all'epoca non si faceva quasi alcuna menzione. L'intento dei legislatori, insomma, era quello di intendere il matrimonio come unione stabile tra uomo e donna, pertanto le norme preesistenti alla Costituzione (come il codice civile), o le norme successivamente emanate, furono scritte con lo stesso intento. 

L'unico modo per rendere possibili le unioni omosessuali nel nostro ordinamento sarebbe quello di rivisitare ogni legge che regolamenta il matrimonio, per adattarla ai più generici "diritti dei coniugi", senza prevedere alcuna specificazione, proprio come nell'art. 29 della Costituzione. L'organo competente è il Parlamento, e nessun altro. 
Ogni volta che un nostro giudice non accetta di riconoscere un certo diritto alle coppie omosessuali, sta semplicemente applicando la legge. Non ha il potere di decidere altrimenti, perché il giudice non legifera.

Il problema alla base, comunque, è quello già citato. La legge, non più generale e astratta, si spinge a regolamentare la società sulla base di modelli ideologici, senza tenere conto delle effettive tendenze della stessa, maturate individualmente dai suoi componenti. In concreto, se in una società esiste una componente - minoritaria o meno, non ha importanza - che desideri unirsi in matrimonio tra individui dello stesso sesso, essa andrebbe automaticamente riconosciuta dall'ordinamento e considerata come premessa prima di legiferare. 
Non può accettarsi l'esistenza di una legge, di qualsiasi rango, atta a dare diritti a determinate fasce della popolazione soltanto perché maggioritarie o corrispondenti a un certo ideale del legislatore. Tuttavia, il caso dei matrimoni omosessuali resta uno dei tanti casi irrisolti, ma non l'unico. La perdita del senso della legge colpisce molte altre libertà individuali e collettive, sebbene scopo della legge dovrebbe essere quello di preservare le libertà individuali dall'interferenza del potere. 
Nel caso specifico, mi sembra di intuire che finché la Chiesa Cattolica potrà veicolare una grande parte dell'elettorato, nessun partito politico si prenderà davvero la responsabilità di modificare l'attuale situazione, sebbene partiti minoritari possano sbandierare tali promesse, consapevoli di non poter dominare in parlamento. Il loro unico scopo, infatti, è quello di avere poltrone e guadagnare, e sposare certe cause di minoranza è il modo migliore per ottenere voti sicuri in uno scenario politico ristagnante ed antico come il nostro. 

1 commento:

  1. Omosessualità e cambiamento: informazioni per giovani e famiglie http://alidavismara1.blogspot.ch/2013/07/informazioni-per-adolescenti-e-famiglie.html?spref=fb

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