sabato 27 aprile 2013

Le macchine che rubano il lavoro

Purtroppo sopravvivono molti sciocchi luoghi comuni sull'economia e sull'evoluzione della civiltà, luoghi comuni che nelle scuole pubbliche mainstream vengono ancora spacciati per verità e, come tali, inculcati nelle menti degli alunni. 
Uno dei più pericolosi è il classico "le macchine hanno rubato posti di lavoro agli uomini". Mi è capitato di leggere addirittura un articolo su un blog che ne parlava, citando il già screditato Ned Ludd, protagonista di un pittoresco aneddoto che lo vuole distruttore di un telaio, reo di aver sottratto lavoro agli operai. 

La leggenda, nata nei primi dell'Ottocento e già smentita a metà del secolo da Frédéric Bastiat, continua a infettare libere menti e a produrre pensieri e considerazioni che sfociano nell'assurdo. 
Secondo i sostenitori di questa tesi, l'avanzare del progresso tecnologico e quindi l'automatizzazione dei processi produttivi, sottrarrebbe sempre più posti di lavoro ai cittadini, rimpiazzati dalle macchine. 
Per smentire empiricamente questo dato, in realtà, basterebbe una brevissima ricerca su google o su qualche libro di storia. 
La tecnologia è cresciuta esponenzialmente negli ultimi due secoli. Se alla fine del XIX secolo potevamo solo immaginare macchine capaci di volare, appena trent'anni dopo era realtà e appena sessant'anni dopo stavamo volando verso lo spazio. 
Ora, tenendo conto dei progressi della tecnologia e prendendo per vero che essa sottragga posti di lavoro, la conclusione più logica sarebbe che, se nel 1800 c'era una bassissima disoccupazione, oggi dovremmo avere una disoccupazione al 90%. 
Per fortuna i dati storici ci riportano con i piedi per terra. Nel 1861 in Italia c'era una disoccupazione dilagante; nel 1947 si attestava al 12%; nel 1962 era al 2,4%; oggi è all'11,3%. 
Se fosse vera la tesi di Ned Ludd e dei suoi sostenitori, un tasso di disoccupazione simile a quello del '47 significherebbe che il livello tecnologico in Italia non è mai cambiato da allora, salvo essere diminuito nel 1962, quando sicuramente avranno abolito i trattori nei campi a favore delle braccia umane. 
Come vedete, è un controsenso. 
Si potrebbe persino sostenere che il progresso tecnologico sia un male per la società e che soltanto le società primitive, stupide, prive di qualsiasi inventiva, siano destinate ad essere felici. Le società che, al contrario, tentano di ottenere di più con minore lavoro grazie alla tecnologia, sono condannate al collasso perché prima o poi le macchine faranno tutto da sole.

Ciò che ha generato la disoccupazione, in realtà, oggi come nei decenni passati, sono state le politiche economiche dello Stato, sempre più orientato ad una economia controllata e a stabilire pavimenti salariali che hanno stravolto il normale corso dei mercati del lavoro. Di questo posso parlare successivamente, ora ci importa riflettere sull'impatto del progresso tecnologico sulla società.

Premessa: lo sviluppo tecnologico è frutto della naturale tendenza dell'uomo ad andare verso ciò che, a parità di soddisfazione finale, gli risparmia del lavoro. Non è una tendenza moderna, ma è stata anzi il motore di tutta l'evoluzione umana, dalla preistoria ad oggi. Se era certamente possibile spaccare una noce con le mani, l'uomo ha comunque preferito usare una pietra per risparmiare forze e tempo, ed ottenere lo stesso risultato, cioè la noce rotta.
E' impossibile quindi, come sostengono i luddisti, fermare questa naturale tendenza per poter conseguire un utopico bene comune, dove tutti hanno un lavoro grazie al blocco del progresso tecnologico. Se uno Stato agisse in questo modo, presto tutti i suoi cittadini emigrerebbero altrove, alla ricerca di condizioni di vita migliori. 
Non solo.
Lo sviluppo tecnologico e la sottrazione della forza lavoro a compiti lunghi e faticosi, ha permesso al genere umano di abbandonare la base della c.d. piramide di Maslow e spostarsi ai gradini superiori. In altre parole, l'uomo non più costretto a lavorare per 16 ore al giorno in un campo, ha potuto sviluppare ulteriori interessi e bisogni, più alti e più diversificati del semplice mangiare e bere che lo hanno spinto a zappare. Ha potuto quindi sviluppare un interesse alla lettura, allo sport, allo studio, alle arti, alla scrittura, alle scienze. Tutti interessi che, come ci dimostra l'esperienza odierna, provocano bisogni che il settore terziario e secondario soddisfano costantemente. 

Alla luce di questa premessa, possiamo dire che la deduzione dei luddisti è certamente vera sul breve periodo. E' vero, cioè, che una fabbrica che automatizzi i suoi processi produttivi sarà costretta a licenziare un certo numero di impiegati; questa è però soltanto la facciata. Dietro questo licenziamento si nasconde una quantità di denaro risparmiata dall'imprenditore ed un aumento della produzione, con conseguente calo del prezzo di vendita del bene X. Questi fattori provocano un aumento della domanda di bene X, accessibile a fette più larghe di consumatori, e di conseguenza un risparmio ulteriore da parte dei consumatori stessi, che potranno quindi spendere questo risparmio in altri beni Y che altrimenti non avrebbero mai acquistato. Quindi aumenterà la domanda di beni Y e l'offerta tenterà di adeguarsi, dovendo assumere tutti quegli operai licenziati all'inizio. Non solo. L'aumento della domanda di bene X dovrà essere compensato da un aumento dell'offerta, e saranno necessarie ulteriori assunzioni perché sappiamo bene che, per quanto le macchine possano facilitare il lavoro, hanno comunque bisogno del controllo umano. 
In tutto ciò, ci sono ancora i soldi risparmiati dall'imprenditore, che andranno in una banca a gonfiare il credito disponibile per ulteriori investimenti. 

Se messa giù così può sembrare troppo complessa, posso spiegarlo con un esempio. 
Il signor Giacomo ha un'azienda agricola e ha 2 operai che zappano il terreno, che gli costano complessivamente 2 euro al giorno. Viene inventato il trattore ed il signor Giacomo licenzia i 2 operai, compra il trattore che gli costa 10 euro, si siede e inizia a zappare da solo la terra, ottenendo un aumento della produzione e un guadagno sul medio termine.
Un luddista griderebbe allo scandalo e vorrebbe distruggere quel mostro cattivo del trattore. A prima vista, infatti, il trattore ha tolto lavoro a due operai. Dietro l'invenzione del trattore però c'è un incremento della produttività di tutte le industrie coinvolte: estrazione e lavorazione del metallo, assemblaggio, progettazione, produzione della gomma, delle parti elettroniche, banche. Insomma, c'è tutto un mondo grosso come la parte sommersa di un iceberg che, con la sola invenzione di un mezzo, ha bisogno di aumentare la produzione e quindi di assumere anche quegli operai licenziati dal signor Giacomo. 

Questa dimostrazione però non tiene conto di quei beni che, pur essendo di largo consumo, non verrebbero consumati di più se il loro prezzo diminuisse. Risponderò direttamente con un chiaro esempio dello stesso e già citato Bastiat:

"Supponiamo che in un paese tutti gli uomini portino dei cappelli. Se, con una macchina, si riesce a ridurne il prezzo alla metà, non ne segue necessariamente che se ne consumeranno il doppio. Si dirà, in questo caso, che una parte del lavoro nazionale sia stata colpita da un blocco? Sì, secondo la dimostrazione volgare. No, secondo la mia; poiché, mentre in questo paese non si compererebbe un solo cappello di più, il monte intero dei salari non ne sarebbe però toccato; ciò che andasse in meno all’industria cappelliera, si ritroverebbe nei risparmi realizzati da tutti i consumatori, ed andrebbe da là a pagare tutto il lavoro che la macchina abbia reso inutile, causando uno sviluppo nuovo in tutte le industrie."

Parliamo comunque di speculazione teorica, priva di numeri, e il ragionamento può adattarsi ove di più, ove di meno alle varie realtà. E' tuttavia fuori discussione il fatto che quando l'uomo riesca a soddisfare un bisogno ad un prezzo inferiore, sposti le sue mire ad altri bisogni prima insoddisfatti. Questo causa sempre un generale incremento di produttività (e quindi di assunzioni) in quei settori che si occupano di soddisfare i nuovi bisogni. 
La maggiore disponibilità di denaro da parte degli imprenditori, invece, fa crescere il settore finanziario e produce ulteriori posti di lavoro in banche, non solo per impiegati specializzati, ma anche per semplici addetti alle pulizie, alla porta, alla sicurezza, agli sportelli. 
L'unica cosa vera è che i primi a guadagnarci, in tutto ciò, sono gli imprenditori. Ma fa parte del premio dovuto al rischio di aver fatto un investimento e non si può negare questa possibilità di guadagno, altrimenti le imprese si paralizzerebbero. Un imprenditore che sa di non poter guadagnare di più con un investimento, smette di ricercare e la tecnologia non va avanti. Ci perde l'umanità intera.

Se avessi voluto vincere facile, tuttavia, mi sarebbe bastato dire una sola cosa: guardate ai milioni di impiegati nel settore terziario e secondario, sono tutti lavoratori che hanno il loro posto grazie al progresso tecnologico.

Voglio chiudere con le parole di Bastiat:

"Ricordo di avere visto i giornali ad 80 franchi; ora ne costano 48, è un’economia di 32 F per gli abbonati. Non è certo, non è, almeno, necessario che i 32 franchi continuino a prendere la direzione dell’industria editoriale; ma questo è certo, questo è necessario, che, se non prendono quella direzione, ne prendono un’altra. Uno impiega l’economia per ricevere più giornali, l’altro per nutrirsi meglio, un terzo per vestirsi meglio, un quarto per avere mobili migliori.

Così le industrie sono interdipendenti. Formano un vasto insieme in cui tutte le parti comunicano attraverso canali segreti. Ciò che è risparmiato su di una va a vantaggio di tutte. Ciò che importa, è di capire bene che mai, proprio mai, i risparmi hanno luogo a spese del lavoro e dei salari."



10 commenti:

  1. Hai fatto un tipico ragionamento liberista che Serge Latouche definirebbe semplicemente folle. Non tenere conto dei dati ti espone a commenti superficiali. Se tu guardassi i dati storici dell'impiego nell'industria e nell'agricoltura, ti renderesti conto di come il progresso tecnologico ha fatto sì che in quei settori oggi siano impiegati pochissimi individui rispetto a qualche decina di anni fa (i settori citati, assieme, non arrivano al 23% del PIL). È vero che poi si è trovato il modo di generare nuovi bisogni per poter impiegare tutta quella manodopera rimasta disoccupata, ma questo è sempre stato solo a vantaggio degli imprenditori, e l'attuale situazione economica ne è una chiara dimostrazione. Ci ritroviamo, infatti, più del 70% del PIL generato dagli occupati nel terzo settore. Abbiamo, cioè, fatto in modo che tutti quegli individui che avrebbero potuto vivere una vita con meno lavoro, fossero schiavizzati per la produzione di beni superflui, e tutto per il vantaggio di chi è al vertice di quei settori. Ma oggi la matematica presenta il conto. Avendo a disposizione materie prime finite, non è possibile continuare a produrre quantità infinite di beni inventando sempre nuove forme di impiego. Siamo alla fine di un ciclo storico-economico e anche tu dovrai fartene una ragione. Semplicemente, consumiamo più di quanto la Terra sia in grado di rigenerare, e l'unico modo per non collassare sarebbe quello di ridimensionare il sistema economico e, soprattutto, la cultura oggi dominante del voler sempre di più e a qualunque costo. Continuare a ragionare come fai tu, anche se non te ne accorgi, è molto pericoloso, e senza un inversione di tendenza porterà a catastrofi naturali e guerre.

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  2. Hai detto esattamente quel che ho detto io.

    A prima vista le macchine hanno sottratto forza lavoro all'agricoltura, ed infatti è così. Quella forza lavoro però è stata impiegata in altri settori e, come tu dici, è finita proprio nei settori più avanzati, secondario e terziario.

    I pc che stiamo usando per scrivere sono stati resi possibili soltanto grazie alla manodopera sottratta al lavoro agricolo e non puoi dire che diano vantaggi solo agli imprenditori perché anche io e te ne stiamo traendo vantaggio, così come tutti quanti in occidente.

    Il primo a guadagnarci è l'imprenditore, certamente, ma è solo il premio del suo coraggio. Nessun investimento è sicuro, come dimostrano tantissime invenzioni nella storia che sono finite nel dimenticatoio perché fallimentari; quegli imprenditori che investirono in quei progetti hanno fallito. Se fosse stato uno Stato (scusa il gioco di parole) a investire in quei prodotti fallimentari, avrebbe fallito lo Stato, non un singolo privato.

    L'innovazione può venire solo dal coraggio degli imprenditori privati, lo Stato non può e non vuole farsi carico di investire perché se fallisse collasserebbe. Tu stai semplicemente dicendo che, siccome qualcuno ci guadagna su, non bisognerebbe mai innovarsi e l'uomo dovrebbe regredire. Ma dubito che ciò potrebbe mai accadere.Tuttavia per chi voglia vivere in un modo più rustico esistono le comunità Amish: non usano neanche la corrente e fino a 100 anni (ma ti auguro di camparne di più) non avrai problemi di risorse della Terra, perché non ne sfrutterai granché.

    Io non posso condividere il tuo ragionamento proprio nel punto in cui sostieni che dovremmo tornare indietro: l'umanità non vuole tornare indietro, l'uomo vuole facilitarsi la vita e continuerà a farlo sempre, ma ciò non significa che sia per forza un male. Grazie alle innovazioni in campo agricolo, ad esempio, oggi possiamo nutrirci meglio di 100 anni fa e va tutto a vantaggio della nostra salute. Grazie alla ricerca medica possiamo curarci; grazie alle tecnologie informatiche possiamo comunicare su lunghe distanze. Perché l'uomo dovrebbe voler regredire e tornare a morire a 60 anni?

    La questione "sviluppo sostenibile" è tutt'altra cosa, si tratta semplicemente di pilotare il progresso per una strada che permetta di sfruttare nel modo migliore possibile le risorse terrestri, ma è impensabile per l'uomo non toccarle affatto. Se anche vivessimo in un eterno medioevo, finiremmo comunque le risorse metallifere, che non si rinnovano mai. Certo, ci sarebbe ancora il petrolio, ma cosa ce ne faremmo con le tecnologie medievali?

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  3. Non sono del tutto d'accordo, soprattutto sull'ultima parte del tuo intervento.

    Tu scrivi: "Semplicemente, consumiamo più di quanto la Terra sia in grado di rigenerare, e l'unico modo per non collassare sarebbe quello di ridimensionare il sistema economico e, soprattutto, la cultura oggi dominante del voler sempre di più e a qualunque costo."

    Che consumiamo più di quanto la Terra sia in grado di rigenerare spesso è vero e lo è particolarmente da qualche decennio, quando all'Occidente "indistrializzato" si sono uniti paesi come la Cina, l'India e gli altri emergenti che legittimamente si stanno prendendo la loro fetta di ricchezza. Di questo passo le risorse della Terra si esauriranno... ok, e allora? Potrebbe non essere un problema: la mancanza di cibo incentiverà la razionalizzazione dei processi produttivi e di semina, la necessità di risorse minerarie (ferro, alluminio, silicio, ecc.) il riciclo di quelle inutilizzate (pensa alle migliaia di discariche che interriamo senza tanti problemi) e renderà redditizzio persino lo sfruttamento di fonti fin'ora mai considerate, ad esempio, esistono progetti per lo sfruttamento minierario della Luna o degli asteroidi, roba da visionari certo, ma solo perchè per ora non ne abbiamo stretto bisogno.
    Quello che voglio dire è che la mancanza di risorse è sempre stata determinante per il progresso tecnologico, oltre che per l'evoluzione biologica della razza umana. Non ha alcun senso pensare di bloccare o limitare lo sviluppo scientifico per una ragione come quella che hai esposto. Il fatto che siamo a un punto di svolta (cosa che condivido) è semplicemente il naturale corso della storia dell'umanità, una tappa obbligata se vogliamo, un ostacolo che la nostra evoluzione ci pone avanti e che noi, con i mezzi messici da essa a disposizione, dobbiamo superare. Prima o poi le risorse del pianeta si esauriranno in ogni caso (fosse anche semplicemente perchè la popolazione avrà raggiunto i 20-30 miliardi di individui) ed è impensabile sperare di aggirare il problema semplicemente tornando a vivere come nel medioevo e rinunciando all'ingegno che con tanti sacrifici abbiamo acquisito.

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  4. Perché bisogna pensare che l'economia della decrescita porta al Medioevo? Non è questo il senso di decrescita. Detesto l'atteggiamento umano del non porsi mai dei limiti, ma siamo arrivati al punto in cui porseli è necessario. Di questo passo, infatti, nel 2050 non ci sarà più cibo a sufficienza per tutti su questo pianeta, e pensare che da qui a 37 anni possano aversi delle colonie di umani sulla Luna mi pare assurdo.

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  5. Il problema è che non ti rendi conto di quel che dici. In campo agricolo siamo già al top della produttività per metro quadrato di terreno, il prossimo passo è l'ogm, che ha sicuramente le potenzialità per far arricchire qualcuno, ma al livello di alimentazione porterà ad un nuovo innalzamento del tasso di mortalità.
    Per la ricerca medica il ragionamento è lo stesso: oggi non si muore più. Le tre principali cause di morte sono: 1) malattie cardiovascolari; 2) tumori; 3) incidenti stradali. Tutti problemi causati dall'attuale modello socio-economico: il sedentarismo nel primo casa, i vizi alimentari e non solo nel secondo, e l'utilizzo sregolato delle automobili come mezzo di spostamento nel terzo.
    Proprio da questi esempi posso dimostrarti come nella mia società non si regredisca, ma semplicemente si potrebbe vivere meglio. Avendo un stile di vita sano si ridurrebbero le malattie cardiovascolari, così come i tumori; andare in giro con i mezzi pubblici o con la bicicletta in città permetterebbe di non morire per incidenti stradali. Il problema è che tutto questo non è vantaggioso per chi deve produrre cibo ipercalorico, sigarette, alcolici, automobili e farmaci. la nostra società, sebbene voi abbiate il paraocchi, è studiata per far arricchire pochi grazie ai condizionamenti indotti nelle vite della massa.

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  6. Siamo sempre allo stesso punto. Le cause di mortalità di 100 anni fa erano differenti, ma sono state risolte dall'evoluzione, non dal regresso. Quelle attuali dobbiamo risolvere allo stesso modo. Non crederai davvero che tornando un po' indietro possiamo vivere nella società perfetta. E le abitudini dei cittadini sono semplici scelte economiche: la bicicletta sarà sana, ma non è veloce come l'auto e noi abbiamo bisogno di essere veloci; i mezzi pubblici sono quel che sono, si sa, perché essendo statali non hanno bisogno di far concorrenza a nessuno né di far quadrare i conti, quindi non migliorano.
    Mi hai appena detto che noi agiamo perché mossi dalle lobbies, ma tu per primo sostenendo le teorie economiche socialiste ritieni che, appunto, il modo migliore per lo sviluppo umano sia "pilotare" la società verso un modello soggettivamente scelto da chissà chi.

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  7. Beh nel 1930 nessuno avrebbe pensato che di lì a 39 anni l'uomo sarebbe arrivato sulla luna. E quando i motori andavano a carbon fossile e questo iniziò a scarseggiare nessuno sostenne che di dover tornare al lavoro fisico dei buoi e dei cavalli, ma fu inventato il motore a carburante. Sempre da privati, mai da uno Stato.

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  8. Il modello non deve essere scelto da chissà chi, ma dagli individui. Non so se la forma sarà proprio quella che immagino io, certamente però il modello cui ti riferisci mostra, oggi più che mai, i sui difetti intrinseci.

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  9. Per l'appunto: gli individui scelgono da migliaia di anni il modello capitalista e privatistico, perché è l'unico che funziona. La selezione naturale esiste un po' per tutto, in economia più che in ogni altro ambito, perché l'economia parla coi numeri ed i numeri non possono mentire. Quando si è provato a socializzare la produzione ci sono stati fallimenti clamorosi, ultimo fra tutti il Venezuela di cui ho parlato un mese fa.

    Oggi non esiste un'economia totalmente libertaria, abbiamo un pericoloso ibrido che produce mostri/zombie come la FIAT o come le grandi banche che non temono il fallimento perché too big to fail, e quindi lo Stato gli paga i debiti per salvare i depositi, ma anche questo sta svanendo (e ne ho parlato a proposito di Cipro, dopo del Venezuela.),



    Dobbiamo ancora fare grandi passi per il libero mercato (prossimamente scriverò di quei prodotti proibiti come la droga, che a me fa schifo ma comunque ha una grande domanda) ma non è detto che non riusciremo a farcela. Io penso che ci guadagna l'umanità intera. Anche il settore spaziale si sta privatizzando (dai un'occhiata all'azienda Space X) e tutta la ricerca statunitense è pressoché privata (poi ne parlerò, altro spunto).

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  10. Io onestamente non riesco a dare un senso all'idea della decrescita, lo trovo assurdo. E come risolverebbe il problema alimentare nel 2050 che hai citato? Con un controllo delle nascite (come in Cina, ipotesi che non riesco nemmeno a concepire) o magari con un genocidio apocalittico che riporti la popolazione umana a "numeri sostenibili"? Semmai lo aggraverebbe, no? Ci si troverebbe a produrre cibo con metodologie più obsolete, che riducono la rendita della terra. Io credo che non solo il progresso tecnologico sia l'unico modo per superare questi -e altri- problemi, ma anche l'unico possibile. Tornando alla crisi alimentare, non conoscendoti non so quanto sei informato ma leggevo qualche mese fà su una rivista scientifica che alcuni laboratori stanno studiando il modo di produrre carne in vitro, il che eliminerebbe anche la terribile piaga degli allevamenti intensivi.


    Come nota personale, avere colonie di umani sulla Luna non è una sfida tecnologica al di là della nostra portata (c'è già la stazione spaziale e vivere nello spazio è molto più proibitivo che farlo sulla luna), il punto è che non è conveniente. A che servirebbe? Il suolo lunare non è coltivabile e le risorse minerarie presenti lì sono ancora ampiamente disponibili sul nostro pianeta. Gli unici elementi che potrebbero attrarre dei "minatori spaziali" sono l'Elio e l'Idrogeno presenti sulla faccia oscura che attualmente non sono così utili ma lo diventeranno col progredire della ricerca nel campo della fusione nucleare.

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