sabato 15 giugno 2013

Il quarto potere e la morte della legge

Ho notato che molti fanno ancora fatica a capire la differenza che ho espresso nel mio articolo sul semipresidenzialismo, quella fra il potere legislativo ed il potere politico. 
Ne ho parlato con due colleghe e ho impiegato due ore di discussione per far loro concepire la profonda diversità di due poteri che da sempre ci hanno insegnato a pensare come uno solo. Ho quindi deciso di parlarne ancora, in modo più sistematico e, si spera, più chiaro. 

Parto dalle origini.
Prima della legge, tra gli uomini esistevano alcune convenzioni sociali ed usi che si sono registrati in ogni comunità umana, dalla preistoria ad oggi. Tali convenzioni ed usi sopravvivevano grazie ad un normale processo di selezione svolta dalle comunità stesse, a loro insaputa e nell'intimo del singolo individuo. La selezione altro non era che una scelta tra un uso ritenuto benefico, o di successo, ed un uso ritenuto deleterio, quindi da evitare. 
Un esempio chiarificatore può essere l'omicidio: quando l'individuo preistorico uccideva un proprio simile, incorreva nella rabbia e nella vendetta di tutta la comunità e veniva allontanato o addirittura ucciso. Tale uso, cioè quello di uccidere un proprio simile, veniva così catalogato come cattivo e tramite l'allontanamento del soggetto pericoloso si cercava di espellere l'omicidio dalla comunità, poiché deleterio per la convivenza. 

Attraverso processi simili di selezione, sono emersi comportamenti umani ritenuti generalmente accettabili e, quindi, capaci di arrecare beneficio alla comunità e al singolo individuo. 
L'esempio classico è l'uso di rispettare i patti, e quindi una classica compravendita: io cedo un bene ad un individuo, questi mi ripaga con un altro bene di pari valore. Conviene ad entrambi rispettare l'accordo raggiunto, poiché entrambi possiamo trarre vantaggi dalla reciproca fiducia. 

Perché tali usi funzionassero, era necessario che fossero generali ed astratti, cioè abbastanza ampi da adattarsi ad ogni caso specifico. Ad esempio, comprare del grano non doveva essere diverso dal comprare del riso, altrimenti sarebbero dovute esistere forme di compravendita differenti per ogni merce, e sarebbe stato impossibile ricordarle tutte e accordarsi tra membri di comunità diverse. Anche la portata doveva essere generale ed astratta: dal capo della comunità all'ultimo dei contadini, l'uso andava applicato in modo uguale. Il capo comprava il grano con le stesse procedure del contadino. 

Quando le comunità umane si sono fatte più complesse e le interazioni si sono maggiormente diversificate a causa del moltiplicarsi degli interessi umani, si è reso necessario mettere per iscritto gli usi ed i costumi che, tramite la selezione operata dagli individui, sono sopravvissuti nei secoli come usi e costumi di successo. Usi e costumi, o convenzioni o consuetudini, sono divenuti quindi norme scritte, o leggi.
Il compito di raccogliere tutti questi usi e trasformarli in norme scritte conoscibili a tutti, è stato affidato ad assemblee di saggi che detenevano il cosiddetto potere legislativo. 
In passato il concetto di potere legislativo era sconosciuto, così come era sconosciuta la divisione dei poteri come la operiamo oggi, ma senza saperlo gli antichi avevano creato un potere dello Stato. 

Il potere legislativo scopre e difende la norma generale ed astratta, indagando nella società e scegliendo solo quelle consuetudini che emergono come efficaci. Scopre, non inventa. Ciò significa che il potere legislativo non dirige la società, non la regolamenta, non da una strada morale da seguire né si pone come un padre che divide ciò che è bene e ciò che è male. Il potere legislativo prende gli usi e i costumi e li trasforma in norme, senza stare a guardare se tali usi possano non piacere a qualcuno, purché non nocciano. 

Con il crescere del potere dei capi delle comunità, delle assemblee legislative, e con l'influenza di quei fattori che  fungono da "influenza morale" sugli individui, quali filosofia o religioni particolarmente invasive, il potere legislativo è degenerato o, per meglio dire, la concezione di legge è mutata. 

Era sorto il potere politico, cioè il potere di emanare provvedimenti particolari, rivolti non più alla collettività ma soltanto ad alcune categorie, e dai contenuti arbitrari. 
Se la legge, quella generale e astratta, statuiva che i patti vanno rispettati, il provvedimento interveniva specificando che vanno sì rispettati, ma con eccezioni quando sussistono alcune condizioni decise in modo del tutto arbitrario. Ed è così che, ad esempio, il potere politico ha reso possibile il debito pubblico: permettendo, cioè, a Stato ed Enti pubblici di non rispettare i contratti con i privati, ma continuando a perseguire duramente quei privati che non avessero fatto la loro parte. 
In altre parole, il potere politico crea differenze ed eccezioni dove non ve ne sarebbero se gli uomini ed i valori fossero considerati tutti uguali

Con il tempo, il potere politico ed il potere legislativo hanno finito per confondersi l'uno nell'altro e le leggi, perduto il loro carattere generale ed astratto, sono divenute sempre più particolareggiate e quindi si sono trasformate in strumenti di oppressione e potere. 
Il processo è stato molto lento e spesso innescato da eventi o situazioni particolarmente traumatici per le comunità; per questo motivo, nonostante la loro atipicità e illiceità, sono stati accettati in nome di un bene comune e futuro. 
A poco a poco, sotto i colpi di provvedimenti simili, la libertà ed il carattere generale e astratto della legge sono stati erosi ed il potere legislativo si è estinto. 

Gli effetti di questa triste situazione sono sotto gli occhi di tutti. Lo Stato non paga i debiti, impoverisce le imprese, uccide l'iniziativa privata, manipola i mercati, impone certi valori tramite l'azione della magistratura e delle leggi stesse (e ne parlerò meglio nei prossimi giorni), si sostituisce ai privati in molti ambiti e crea classi di privilegiati e classi di oppressi. 

Quindi è inutile discutere di "riforme strutturali", è inutile parlare di incentivi, finanziamenti, protezioni. Sono tutti effetti, non sono la causa. La causa è il potere politico immenso che ormai ha schiacciato il potere legislativo. Noi non abbiamo una legge, non possiamo essere uno Stato di diritto fondato sulle leggi, fatevene una ragione. Siamo uno stato fascista in cui un Duce ci dice cosa è bene e cosa è male e le leggi sono scritte in base a questa distinzione operata in modo arbitrario. La differenza tra oggi e settant'anni fa è solo quella vena vintage che ha sempre contraddistinto il Ventennio.  

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