La libertà è una condizione alla quale l’uomo si abitua facilmente. E’ come la
buona salute di cui si gode da giovani: ogni affanno, ogni dolore, ogni minima
disfunzione sono subito avvertite e continuano a tormentarci fino a quando non
ci saremo curati. Tuttavia, quando i dolori e gli impedimenti aumentano e ci
abituiamo a portarli, ecco che curarsi non diventa più prioritario. Sarà normale
alzarsi al mattino con la schiena dolorante, sarà normale avere un dente che
duole con i cibi più duri, sarà magari divertente trovare peli bianchi nella
barba.
Poi, quando si è troppo vecchi e quando i malanni saranno così tanti da
impedirci di svolgere la più semplice delle attività, ci ricordiamo che dobbiamo
curarci, che dovremmo curarci.
Con
la libertà ci comportiamo allo stesso modo. Lasciamo che si corroda lentamente,
che si sgretoli sotto i colpi lenti ma incessanti di governi sempre più
dispotici, troppo distratti dai nostri problemi personali ed affanni quotidiani.
Arriviamo al punto da restare impassibili davanti alla tv e continuare a
mangiare mentre i tg parlano di misure restrittive che farebbero rabbrividire
un uomo consapevole ed attento alla sua libertà. Un po’ come quando mangiamo
distrattamente biscotti al cioccolato e i dietisti fanatici ci bacchettano per
la nostra imprudenza.
Quali
sono, dunque, i biscotti al cioccolato che noi dietisti della libertà dovremmo
tenere d’occhio? In generale, senza scendere nel dettaglio dei singoli
provvedimenti, possiamo indicarne alcuni che valgono per ogni società, in ogni
momento storico: restrizioni sul commercio, restrizioni alle frontiere e sugli
spostamenti dei cittadini, controlli invasivi e senza autorizzazione su persone
e capitali, nazionalizzazioni dei servizi pubblici, inflazione crescente, tasse
elevate su ogni attività finanziaria e commerciale, censure sui mezzi d’informazione.
Ce ne sarebbero altri, ma questi danno già un quadro completo.
Non
serve essere degli esperti per rendersi conto che il mondo occidentale sta
marciando esattamente in questa direzione, l’Italia prima di tutti. Ogni giorno
al tg sentiamo di nuove tasse e di nuovi controlli necessari per combattere l’evasione,
dimenticandoci del tutto che la libertà rientra nei diritti inviolabili dell’uomo.
Se la sua violazione fosse giustificata da uno stato di necessità qualsiasi,
allora essa non sarebbe più un diritto – per giunta non inviolabile – bensì un’optional,
un di più, un lusso. Una condizione privilegiata. Qualunque uomo consapevole
della propria libertà e dei limiti di un governo dovrebbe rabbrividire davanti
alle misure dei governi occidentali
degli ultimi anni, preoccupati più di mantenere il controllo sulle masse che di
permettere la crescita e garantire le libertà civili.
Non
siamo ancora però al punto di rottura, al punto in cui saremo così vessati da
prendere in seria considerazione l’opportunità di curarci. Questo perché il
governo continua a darci il contentino. Ogni partito porta con sé al potere una
lista di bastonate ma sempre una carota alla quale ci aggrappiamo come se fosse
una gentile concessione di qualche statista geniale che è riuscito a prendere
un brandello di libertà e a riconsegnarcelo. Ed a noi sta bene.
E’
emblematico il caso della Rivoluzione Francese, quando Robespierre pronunciò il
famoso discorso sul processo del Re. Accusò i politici e i rappresentanti dell’epoca
di essersi lasciati sedurre dagli agi del post-rivoluzione e di non avere più
il desiderio di libertà necessario a votare per la condanna a morte del Re. Il
nuovo Stato francese si era formato da pochi anni e già erano assuefatti alla
libertà al punto di voler graziare l’uomo che aveva permesso l’oppressione del
popolo da parte dei ministri con la sua colpevole inerzia. In una Repubblica
come quella italiana, vecchia di settant’anni, il sentimento di libertà è ormai
lontano e vago. La classe politica si comporta come la nobiltà dell’ancient
regime francese e noi li lasciamo fare, preoccupati di comprare il nuovo iPhone
piuttosto che di salvare gli ultimi diritti che ci restano.
Un
esempio di Stato quasi arrivato al punto di rottura è l’Argentina. Tutte le
misure coercitive e lesive della libertà che ho citato sopra sono state
attuate. Il governo, tramite un sistema di interessi costituiti da anni,
detiene il controllo dell’80% dei mezzi di comunicazione, controlla i prezzi di
oltre 300 prodotti, impedisce alle aziende di spostare anche all’estero gli
affari, stampa denaro per pagare una pubblica amministrazione sempre più
pesante ed aumentando così l’inflazione, impedisce l’adeguamento dei salari all’inflazione.
I costi della vita sono altissimi, i sindacati dichiarano sciopero un giorno si
e l’altro pure.
La
reazione della popolazione è stata quella di darsi ai saccheggi dei negozi,
sempre più frequenti e violenti negli ultimi mesi, nonostante le repressioni
della polizia.
In
Italia manca poco, siamo già sul binario giusto.
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