venerdì 30 agosto 2013

Nel Paese delle contraddizioni, la spesa pubblica si riduce aumentandola

L'Italia è il Paese delle contraddizioni. Un politico che si definisce liberale può, per vent'anni, aumentare la spesa pubblica ed il debito senza ricevere alcuna critica dai suoi elettori circa il falso liberalismo che professa. Un Presidente della Repubblica dichiara di non volersi ricandidare e, addirittura, verso la fine del suo primo mandato sembra volersi persino dimettere, salvo poi fare dietrofront senza vergogna e intraprendere un secondo mandato. Sempre senza vergogna. 
La spesa pubblica continua a salire e, per ridurla, si tenta di assumere a tempo indeterminato i precari della Pubblica Amministrazione, giusto per pagare qualche stipendio in più del quale, in caso contrario, ci saremmo scaricati. 
Si parla di diminuzione dei consumi dovuti ai pochi soldi dei consumatori, ma si aumenta l'IVA di un punto percentuale, si aumentano le accise sui carburanti e si vuole aumentare ulteriormente l'IVA di altri due punti. Giusto per dare uno slancio alla domanda aggregata. E' risaputo che più sia alta l'IVA, più i consumi aumentino. 
Si parla di disoccupazione giovanile ma non si fa neanche uno sforzo per rendere flessibile la contrattazione sul lavoro, restando aggrappati ai comunistissimi contratti nazionali che stabiliscono che 100 euro al mese sono legittimi, 99 invece no. 
Si parla di imprese che chiudono a migliaia ogni giorno, ad un ritmo da scenario post-apocalittico, eppure il carico fiscale si fa sempre più oneroso e non si pensa neanche ad abbassare le tasse sul lavoro, ma si discute di IMU sui capannoni industriali, come se fosse stata la tassa dell'ultimo momento a mandare in crisi (anche retroattivamente, pare) centinaia  di migliaia di imprese. 
Si parla di ridurre le spese militari, che non servono a nulla, ma stiamo per avviarci verso una nuova missione di pace (sic!), perché è risaputo che per pacificare una nazione estera il modo migliore sia fare il deserto e chiamarlo pace. Populus Romanus docet. E magari cospargiamo la Siria di sale, così non crescerà più neanche l'erba su quel luogo pieno di eretici. Eppure sarebbe così facile dimezzare l'esercito, o ridurlo ad 1/3 dei suoi effettivi attuali, che non serve più a nulla avere duecentomila uomini armati se poi in guerra ne mandiamo mille, si e no, e teniamo gli altri a mangiare a spese dei contribuenti. E' come tenere in panchina 10.000 giocatori e farne giocare soltanto 11, per fare una proporzione più alla portata dell'immaginazione. 
E poi si parla  di sobrietà, di austerità, di tirare la cinghia (io saprei dove tirarla), ma lo Stato continua a spendere più di quanto incassa, alla faccia di chi ha scritto le definizioni di "austero" e "sobrio" sul dizionario. Noi siamo oltre queste facezie. 

E infine, si parla di riduzione dei parlamentari, dei costi della politica, delle indennità, ma il Presidente della Repubblica (alias Re Giorgio) decide che lo Stato può permettersi altre indennità da pagare, e nomina altri quattro senatori a vita con l'auspicio che portino chissà quale innovazione nel Parlamento, dove la qualità delle persone è totalmente annullata in favore di un voto di maggioranza, della quantità. Dove non è il ragionamento a prevalere, ma il semplice 50 percento più uno. Mi chiedo, dunque, che senso abbia continuare a mantenere la carica di senatore a vita quando il loro voto vale pur sempre per uno. Al loro posto potrebbe starci benissimo un burattino, nel vero senso della parola, che almeno non avrebbe bisogno di indennità parlamentari e obbedirebbe comunque agli ordini del suo partito, ma lo farebbe con una certa dignità. Mentre i nuovi fantastici quattro anzianotti obbediranno tramite una catena di comando che mi fa rabbrividire: PD/PDL -> Napolitano -> Senatori a vita. 
Ci costeranno poco, dopotutto. Circa 12.240 euro al mese ciascuno, più di mezzo milione di euro in tutto, soltanto di stipendio. Poi ci sono i vari rimborsi, le auto blu, i servizi. Insomma, faranno la bella vita a nostre spese. A loro è concesso, noi invece dobbiamo accettare in silenzio "l'amara supposta" e dobbiamo sacrificare le fedi nuziali e gli animali domestici agli dèi per quei quattro soldi che lo Stato ancora ci permette di tenere in tasca. 

In qualcosa però siamo coerenti: pecore eravamo, pecore restiamo. 

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