martedì 7 maggio 2013

Sparatoria a Palazzo Chigi: chiarimenti sulla sovranità popolare

La cosa più difficile quando si parla di fatti come la sparatoria a palazzo Chigi è riuscire ad estirpare dalla mente delle persone il concetto che "con la violenza non si risolve nulla" e che, a priori, vada condannato qualsiasi gesto e qualsiasi parola detta fuori dai normali schemi di comunicazione tra Stato e cittadini. 
In altre parole, va estirpato dalla mente delle persone il concetto che lo Stato debba trovarsi sempre in una posizione di prevalenza, di maggiore forza contrattuale, mentre il cittadino deve avvicinarsi sottomesso e rispettoso. 
Sto assistendo (ed anche prendendo parte) a diversi dibattiti riguardo quella sparatoria. In genere ogni opinione espressa inizia con "ogni atto di violenza è assolutamente da condannare", dopodiché si esprime un parere più o meno moderato, finendo sempre per dire che il modo migliore per liberarsi del giogo statale è quello di sedersi intorno a un tavolo e discuterne. 

Ora non so bene che idea abbiate dello Stato italiano, ma le cose stanno più o meno così. 
Immaginate lo Stato italiano come un imprenditore agricolo che ha ricchi guadagni e folli spese, quindi è costantemente indebitato. Immaginate i cittadini (o quantomeno la parte di essi che produce ricchezza) come dei buoi che, per far guadagnare l'imprenditore, trainano l'aratro per tutto il giorno nei campi, ricevendo in cambio solo un morso di fieno alla sera, per sopravvivere. 
Un giorno i buoi si stancano di tirare l'aratro per niente e desiderano trattenere per sé maggiori profitti. Non più quel po' di fieno per sopravvivere, ma magari un po' di più, per vivere agiatamente. Si siedono con l'imprenditore e la loro argomentazione è più o meno questa: "non ce la facciamo più a campare così, dacci qualcosa in più per favore". 
L'imprenditore replica: "Vorrei, ma non posso: le mie spese sono ancora superiori ai guadagni, quindi dovete continuare a lavorare sodo altrimenti non posso darvi più neanche quella manciata di fieno a fine giornata."
I buoi, non conoscendo un cazzo dei conti dell'imprenditore, non possono fare granché e non hanno alcun mezzo per ricattarlo. Se smettessero di lavorare, morirebbero di fame ma prima verrebbero frustati dall'imprenditore, che detiene il monopolio della forza. 
L'unico modo per essere più forti dell'imprenditore sarebbe quello di caricarlo a testa bassa, metterlo spalle al muro ed estorcere condizioni di vita migliori e riduzione di quelle spese folli. Ma questo atto è considerato immorale, disgustoso dai buoi, quindi il primo che tenta di farlo viene fermato dai suoi stessi compagni di sventura.

Tra cittadino e Stato funziona esattamente così, e non negatelo. Sono anni che si dice di ridurre le spese dello Stato e sono anni che i politici tagliano qualche milione qua e là (su una spesa totale di 800 miliardi annui) ma che vogliono da noi più produzione di ricchezza così da estorcercela e continuare con le folli spese. 
Il cittadino che dovesse rifiutarsi di pagare le tasse perché stanco di dare tutto ciò che guadagna allo Stato, verrebbe immediatamente arrestato; il cittadino che dovesse smettere di pagare le tasse sulla casa, si ritroverebbe con la propria casa confiscata. Di chi è, quindi, quella ricchezza prodotta e quella casa? Non certo del cittadino. E' già dello Stato, perché esso se ne può appropriare in qualsiasi momento. 

Ora mi direte: ma allora non bisogna pagare le tasse? L'evasione è sempre giustificata con questo ragionamento? La risposta è nì. Purtroppo è difficile stabilire quando uno Stato diventa nemico del cittadino. Per farlo bisogna misurare l'umore della popolazione, ma lo Stato ha saputo controllare anche questo, come spiegavo qui.  Metà della popolazione trae giovamento dalla spesa folle dello Stato, e non risente subito delle cattive politiche fiscali; al contrario, coloro che producono ricchezza si rendono conto ogni fine mese se c'è qualcosa che non va. L'imprenditore che si vede confiscare la metà di quanto ha guadagnato va in ebollizione immediatamente. 

Ora per spiegare il mio pensiero riguardo la violenza contro lo Stato (e, purtroppo, contro dei poveracci che lo rappresentano in qualsiasi modo), bisogna fare qualche passo indietro nella storia. 

Nel medioevo il possesso delle armi era permesso solo alla classe nobiliare e ai cavalieri. I sudditi, il popolo, non potevano possedere armi, ma non erano neanche chiamati a combattere in guerra. Dargli una spada non significava nulla, perché l'uso delle armi richiedeva un addestramento particolare che veniva impartito solo alle classi agiate. Il popolano con la spada in pugno non sarebbe riuscito mai a sconfiggere un cavaliere in duello. 
Con gli anni però furono inventate la balestra e le armi da fuoco. Queste invenzioni erano particolarmente minacciose per l'elite guerriera perché non richiedevano alcuna preparazione particolare: chiunque poteva caricare una balestra o  un moschetto, chiunque poteva premere il grilletto ed abbattere un cavaliere in armatura prima che questi potesse sollevare la spada. 
Le armi di nuova generazione erano anche meno costose delle armi bianche, perché prodotte con materiali facilmente reperibili sul mercato. Una balestra, ad esempio, era totalmente in legno con pochi inserti in metallo. Ciò permetteva al popolano di comprarle e di usarle sui campi di battaglia con la stessa efficacia dell'elite guerriera. Erano armi per tutti. Lo Stato si accorse di questo nuovo potenziale bellico costituito dalla base del popolo armata e iniziò a sfruttarlo in guerra. Sono famose le scene dei film su Napoleone in cui vediamo migliaia di fanti in formazioni squadrate che si sparavano a vicenda.
Il problema, per le elite guerriere, era che questi nuovi fanti provenienti dal popolo non rispettavano le convenzioni vigenti tra cavalieri. In battaglia un cavaliere poteva arrendersi a un altro cavaliere e avere salva la vita; davanti a un fante armato di moschetto il cavaliere non poteva nulla: il fante sparava, il cavaliere moriva. 
L'elite guerriera era finita. 
Il popolo, consapevole della forza contrattuale ottenuta con le nuove armi da fuoco, iniziò a chiedere sempre maggiori diritti. Lo Stato non aveva più un'elite guerriera a difendere i suoi privilegi. Aveva solo un esercito formato da sudditi armati di moschetto, quello stesso moschetto che chiunque poteva comprare a basso costo. 
Quando le colonie americane si resero conto di poter fronteggiare lo Stato Inglese, lo fecero e iniziò la famosa guerra d'indipendenza che portò alla nascita degli Stati Uniti. 
Ogni cittadino di quelle colonie aveva contribuito a guadagnarsi la libertà, e lo aveva fatto grazie al suo moschetto che gli permetteva di essere  forte quanto lo Stato. 
Per questo il secondo emendamento, tanto discusso, permette ad ogni cittadino statunitense di possedere armi da fuoco: il possesso delle armi da fuoco, seppur simbolicamente, è la garanzia, la prova tangibile, di avere ancora la sovranità. 
La stessa cosa accade nella civilissima Svizzera, altra nazione fondata sulle armi del popolo e con uno dei governi più deboli della storia umana. Eppure in Svizzera si vive bene e lo Stato funziona. 

In Italia attualmente ci sono circa 4 milioni e mezzo di armi, poche rispetto alla popolazione totale ma tante rispetto a quante può schierarne lo Stato con le forze dell'ordine. La presenza di tante armi spaventa lo Stato, perché è consapevole che oltre un certo limite non può andare, altrimenti i buoi imbracceranno quelle armi e si riprenderanno con la forza la sovranità. Se non ci fossero in giro tante armi, lo Stato non avrebbe alcun freno alla sua oppressione. Potrebbe approvare qualsiasi legge liberticida, che i cittadini non potrebbero reagire perché 10 carabinieri armati di mitraglietta potrebbero fermare una enorme folla inferocita. Ma un'intera folla armata di fucili non ha bisogno neanche di sparare: nessun uomo delle forze dell'ordine sarebbe così folle e stupido da rivolgere le armi verso i concittadini armati; piuttosto si unirebbe a loro, e lo Stato (nelle persone dei politici) dovrebbe arrendersi. 
Immaginate la forza delle folle radunate da Grillo se ognuno di quei cittadini avesse portato con sé la propria arma. Un concentrato di sovranità popolare con una forza contrattuale fortissima. Ma sarebbe stato indecoroso, immorale, pericoloso agli occhi di tutti gli italiani. Chiunque li avrebbe condannati, rinunciando all'unico strumento nelle nostre mani per riottenere davvero indietro la nostra sovranità. 

E' per questo che sono convinto e sostengo fermamente gli atti simbolici di violenza contro il potere. Sparare alle forze dell'ordine è il modo peggiore per farlo ma, come ho già detto, immaginate una folla armata che si limita soltanto a sparare in aria davanti al parlamento, chiedendo l'approvazione di misure concrete: come si fa a dirgli di no? 

Quindi smettetela di fermare il vostro ragionamento alla condanna assoluta dell'atto di Luigi Preiti. La sua colpa è quella di aver sfruttato male la sua fetta di sovranità, ma ha fatto ciò che ogni popolo vessato dovrebbe fare. 
Quando un governo opprime ed abusa del suo monopolio della forza, l'unico modo per tenergli testa è dimostrargli di poter avere una forza ancora maggiore della sua. 
In altre parole, i buoi devono dimostrare di poter incornare l'imprenditore; non serve lo facciano sul serio, ma nel momento in cui l'imprenditore teme per la sua vita, il bue ha forza contrattuale. 

La tradizione politica di derivazione cattocomunista alla quale ci hanno abituato la DC e i comunisti nel dopoguerra ci fa credere che la violenza contro lo Stato sia sempre e solo sbagliata. Sono stati bravi, perché hanno debellato lo slancio a prendere le armi e ci hanno resi fieri della nostra totale sottomissione. 
Avete mai chiesto a un comunista perché la Resistenza fosse legittima e invece sparare a un politico è blasfemia? Sono la stessa cosa eh. La Resistenza combatteva contro un regime obiettivamente oppressore, uccideva senza pietà e condannava sommariamente. Eppure viene tutt'oggi elogiata. Però se un cittadino emula un partigiano e rivolge le armi verso un politico, è un folle. Eppure il regime oppressore c'è, si vede e si avverte tutti i giorni. Ci chiede più sacrifici perché deve sopravvivere, ma noi cosa ce ne facciamo di uno Stato che sa a stento mantenere se stesso? 

1 commento: