martedì 19 febbraio 2013

Divide et impera

Qualche giorno fa, vagando per il web, mi sono imbattuto in un blog in cui un ragazzo descriveva il suo modello di Stato ideale. E' un proposito senz'altro nobile ed antichissimo, cui l'uomo si dedica con forza da millenni. 

Ciò che mi ha sorpreso è stata la fiducia che l'autore di tali parole riponeva nella capacità redistributiva dello Stato; nella capacità, cioè, di prendere al ricco per dare al povero; di gestire le risorse sottratte con la forza coattiva della legge a chi le produce/possiede per darle a chi non le produce/non le possiede. 


Nella nostra società, soprattutto in Italia, è così diffusa l'idea di uno Stato redistributore, uno Stato Robin Hood, che neanche ci si rende conto dell'assurda contraddizione che è alla base di questa idea, nonché delle pericolose implicazioni sociali che questa visione ha comportato e comporta tutt'ora. 

La campagna elettorale che stanno conducendo i politici italiani in questi giorni è la prova di quanto sto dicendo: quali sono le promesse più sentite e più ribadite dai principali partiti, quelli che, secondo i sondaggi, dovrebbero prendere - tutti insieme - circa il 70-80% dei nostri voti? Sono due: ridare i soldi dell'IMU (PDL), dare un reddito di cittadinanza (PD, M5S). C'è anche qualcosa sull'aumento delle pensioni da partiti minori o dallo stesso PD, ma non mi dilungo. La restituzione dell'IMU ed il reddito di cittadinanza sono entrambe figlie della stessa ideologia redistributiva, nonostante provengano da partiti che si definiscono contrapposti. Entrambe le promesse sono, in altre parole, un'esca per quella mentalità diffusa per la quale lo Stato dovrebbe prendersi cura del cittadino dandogli risorse che qualche altro cittadino ha prodotto. Sono promesse che funzionano, perché tutti sono convinti fermamente che lo Stato debba sostenerli. La frase più ripetuta è "Io pago le tasse, voglio essere aiutato". Chi la pronuncia nutre la giusta speranza che, in cambio di denaro, lo Stato risponda con un servizio o... con altro denaro. La realtà è che lo Stato è del tutto inutile in questo processo. Anzi, è dannoso. 

Se io ho bisogno di tagliarmi i capelli vado da un barbiere, pago e lui in cambio mi offre un servizio.
Se io ho bisogno di una linea internet telefono ad un provider, pago e lui in cambio mi offre la linea internet. 
Se io ho bisogno di mettere al sicuro un bene e tutelarlo, vado da un assicuratore, pago e lui in cambio - quando accadrà - mi darà del denaro per coprire la perdita accidentale di un bene di valore. 

Come si inserisce lo Stato in questo naturale processo di scambio che sta alla base di ogni economia? Si inserisce nel mezzo, tra me ed il barbiere, tra me e il provider, tra me e l'assicuratore. Si configura come un intermediario che prende il mio denaro e lo da al barbiere, il quale in cambio verrà da me a tagliarmi i capelli... gratuitamente, all'apparenza. In realtà avrò speso molto di più, perché lo Stato agisce per mezzo di persone e le persone chiedono uno stipendio in cambio del loro servizio di prendere il mio denaro e darlo al barbiere. Se lo scambio utente-barbiere avrebbe richiesto 7 euro, lo scambio utente-stato-barbiere ne richiederà 14 per coprire anche lo stipendio dell'uomo che agisce per conto dello Stato.

Con un sistema di trasferimenti, concessioni, privilegi sui quali lo Stato ha imposto un monopolio coatto, la popolazione è stata resa sempre più schiava e dipendente dal sistema statale e, dunque, dal suo corretto funzionamento. Le persone vorranno sempre che l'apparato statale funzioni perché ne ricavano un benessere finanziario. Lo Stato è parte della loro esistenza e sussistenza, è essenziale per soddisfare dei bisogni primari e, quindi, insostituibile come la madre per un neonato. E' la classica storia del "non dare un pesce al morto di fame, insegnagli a pescare". Lo Stato ha interesse a darci il pesce, rubandolo - con la legge - a quei pochi che sanno pescarlo. Per quei pochi lo Stato sarà un parassita, ma per i molti che aspettano nel nido col becco all'insù, lo Stato sarà la salvezza, il dio che scende in terra e tende la mano carica di cibo. 

Questo sistema perverso di parassitismo (su chi produce) e clientelismo (verso i "poveri") ha due implicazioni: la prima è che nessuno ha interesse a far crollare lo Stato, quindi niente rivoluzioni o proteste importanti; la seconda è che quando lo sfruttato si stanca di lavorare per sé e per altri dieci, può essere subito additato come immorale, cattivo e poco solidale (l'evasore, insomma). In entrambi i casi vince lo Stato. 

A questo punto dovrebbe essere chiaro che la convinzione di non essere autosufficienti è essenziale affinché lo Stato sopravviva. Finché la gente sarà convinta che un ospedale smetterà di funzionare senza lo Stato, non vorrà mai fare la rivoluzione e continuerà a pagare le tasse fino a dissanguarsi. Il paradosso è che la maggior parte dei poveri lo è proprio a causa delle tasse dello Stato, in barba al suo fine redistributivo della ricchezza!

E', insomma, un ciclo perverso basato sul ricatto e sulla convinzione che ci sia un gruppo che deve dare ed un gruppo che deve ricevere. L'individualismo del quale ci facciamo vanto noi occidentali è del tutto illusorio e soggettivo. Lo Stato italiano, più degli altri Stati europei, ha ucciso l'individuo dal giorno in cui ha varato la nuova costituzione, legandolo a sé in modo indissolubile con apposite leggi che decidono chi è ricco e chi è povero. Le due categorie, poi, si compenetrano spesso e creano paradossi quali quelli di un commerciante che percepisce del denaro per sostenere la nascita del suo terzo figlio, quando sarebbe bastato semplicemente ridurgli il carico fiscale e lasciare che gestisse da sé il denaro in più che gli sarebbe rimasto in tasca. Questo modo di agire, però, non avrebbe finanziato chi lavora per lo Stato e avrebbe fatto crollare tutto il sistema. 

Non esiste quindi alcuna giustizia sociale che spinga lo Stato a prendersi cura del cittadino offrendo servizi gratuiti. Esiste soltanto il bisogno dello Stato di sopravvivere, di dividere e di comandare su individui che non sanno in quale categoria sono stati gettati, mantenendo un apparato obeso fatto di istituti, enti ed agenzie che hanno il monopolio della violenza e della gestione della ricchezza. 

Perciò non state troppo a pensare a quale partito dare il vostro voto. In un modo o nell'altro, lo Stato si prenderà i nostri soldi e ce li ridarà nel modo che a noi piace di più.
Lo Stato ideale, se posso dire la mia a questo punto, è quello che garantirà semplicemente il libero mercato ed il libero scambio tra individui liberi di decidere come spendere il proprio denaro e quali sono i propri bisogni. Le strade le costruiranno i privati dove avranno bisogno di avere una strada, semplicemente mettendo i soldi insieme e pagando una volta sola delle persone che sappiano costruire una strada; gli ospedali saranno privati e pagheremo, come ad una assicurazione, una retta mensile o annuale in cambio delle prestazioni mediche, quando e se ne avremo bisogno; le pensioni ce le garantiranno le assicurazioni private. Non c'è nulla che faccia lo Stato, insomma, che non possa fare un privato in cambio di meno denaro, in base al già citato paradigma utente-barbiere. 

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