Lo statalismo in Italia raggiunge un'intensità religiosa, un fanatismo pari a quello che spingeva i poveri illusi a intraprendere le sante crociate contro gli infedeli. Me ne rendo conto ogni volta che leggo il codice penale in quei reati che riguardano le offese al Presidente della Repubblica, ma soprattutto quando parlo con la gente.
Quasi nessuno sa cosa sia una Repubblica. O meglio, ne conoscono la definizione giuridica ma, non avendone mai avuto esperienza diretta, credono che l'Italia sia una vera Repubblica.
Sia da parte dello Stato, ma anche da parte dei cittadini stessi, è stata creata un'aura di misticismo intorno al concetto astratto di Stato; un'aura che si è estesa anche a tutti i componenti dell'apparato statale, essendo essi la parte fisica dello Stato.
La mistificazione di cui parlo è evidente nel modo in cui si fanno chiamare i parlamentari (onorevoli), nel rispetto dovuto per legge al Presidente della Repubblica, nell'atteggiamento ostile che assume la comunità quando si critica lo Stato. E poi nel simbolismo, nelle miriadi di onorificenze che lo Stato italiano elargisce, nell'atteggiamento un po' da ministri del culto che stanno assumendo gli uomini del Governo. Ed ancora nelle produzioni letterarie patriottiche che esaltano la morte di chi si batte per lo Stato, negli edifici maestosi in cui si svolgono le riunioni del Governo e del Parlamento, nell'atteggiamento che bisogna tenere nei confronti dei simboli dello Stato.
E' quasi come essere in Chiesa e rendere omaggio a statue di santi, al prete, al vescovo. La differenza è che lo Stato non ostenta (non più) una presunta investitura divina, ma neanche pretende di essere nato dalla volontà della Nazione. Lo Stato è lì. Esiste. E' inamovibile, come un Dio, e come un Dio vede e controlla ogni atto ed ogni aspetto della vita dei cittadini.
Questa mistificazione della Repubblica, e quindi dello Stato, è necessaria per mantenere alta la credenza che senza di esso saremmo perduti e che il potere risieda nello Stato.
Questa mistificazione della Repubblica, e quindi dello Stato, è necessaria per mantenere alta la credenza che senza di esso saremmo perduti e che il potere risieda nello Stato.
E' molto più facile credere che il potere sia in qualcosa di fisico come un enorme palazzo piuttosto che in qualcosa di astratto come la Nazione.
Secondo l'articolo 1 della nostra Costituzione, la Sovranità appartiene al Popolo.
Se io chiedo ad un cittadino qualunque dove sia la sua sovranità, lui non saprà cosa rispondermi. Non sa cosa sia la Sovranità. Non sa come si esprime. Sa di averla, ma non sa dove. E si sbaglia. Non abbiamo più alcuna Sovranità dal giorno in cui abbiamo deposto le armi e abbiamo ceduto allo Stato l'uso legittimo della forza coercitiva. In altre parole, la Sovranità era nella nostra capacità di influenzare attivamente lo Stato attraverso pressioni sugli uomini del Governo. Perduta questa potenzialità, abbiamo perduto la Sovranità e l'abbiamo ceduta allo Stato.
Lo Stato si è militarizzato per organizzare la sua forza. Ha creato le forze dell'ordine e l'esercito e ha rivestito queste bande armate dello stesso misticismo che ha voluto per sé. Si è avvalso dell'opera di intellettuali ed artisti per comporre inni, marce, poemi; ha istituito mostrine, gradi, bandiere alle quali rendere omaggio, divise che rappresentassero l'investitura sacra di chi le indossa.
E' più facile vedere il potere in tutte queste sue manifestazioni concrete, piuttosto che credere che sia in una potenzialità dentro ciascuno di noi.
E' più facile credere che il potere ce l'abbia un altro, perché nessuno ci ha mai insegnato come gestire la nostra Sovranità. E allora è meglio che lo facciano persone che sembrano sicure di sé e che hanno addosso tutti quegli orpelli che rappresentano lo Stato, la Madrepatria.
Così nasce lo statalismo sfrenato.
Più un popolo è ignorante, più è insicuro, più è schiavo, più sarà portato a idolatrare simboli e persone recanti quei simboli.
Lo Stato, proprio come le religioni, ha eretto templi al suo culto, per presentarsi agli uomini come qualcosa di concreto e di più grande di loro .
Lo Stato, proprio come le religioni, ha eretto templi al suo culto, per presentarsi agli uomini come qualcosa di concreto e di più grande di loro .
Ci saranno sempre, ovviamente, individui poco inclini a tale credenza, ma per lo Stato non è un problema: sono sempre una minoranza e si possono schiacciare additandoli come nemici, come dissidenti che vogliono rovesciare l'ordine costituito per i propri loschi fini. Agli occhi della Nazione questi pochi uomini liberi diventano il nemico. L'istinto gregario unisce le masse dei ciechi e ne concentra l'odio su un unico obiettivo. E' un odio tale che lo Stato può legiferare e rendere illeciti tutti i comportamenti e gli atti che attentino al suo diritto di esistere. In altre parole, lo Stato criminalizza il dissenso sulla base della paura che, senza Stato, si cadrebbe nel caos e quei pochi folli dissidenti seminerebbero il terrore tra i molti civili.
Per esistere, lo Stato ha bisogno di un nemico comune, ma anche di mostrare il potere. E lo fa non soltanto con i segnali visivi di cui sopra, ma anche con l'istruzione e con l'induzione dei cittadini a tenere certi comportamenti verso tutto ciò che lo rappresenta.
Lo Stato insegna ad essere schiavi e codardi. Insegna che servire è altamente onorevole, anche se ciò significa commettere atti che, senza divisa, non avremmo mai commesso, come ad esempio costringere una famiglia a sfrattare perché lo Stato ha deciso che la loro casa ha qualche difetto.
In una vera Repubblica non esiste alcun misticismo, invece. La Repubblica è fatta di uomini altamente consapevoli dei loro diritti individuali e della loro capacità di aggregarsi quando è lo Stato stesso a diventare il nemico comune della libertà della Nazione.
Ne ritroviamo uno splendido esempio nella prima Roma repubblicana. Tutti gli uomini maggiorenni e con diritto di parola nei comizi votavano contro o a favore di una certa guerra. Chi votava a favore, scendeva in guerra; chi votava contro, non aveva alcun dovere di combattere e non veniva criminalizzato per questo, perché non esisteva alcun mito statalista, alcun bene superiore al quale tendere, sacrificando il proprio. Ogni cittadino libero era libero nel vero senso della parola. Era Sovrano.
E' falso che con gli anni siamo diventati tutti uomini liberi. E' invece vero che i pochi uomini liberi sono regrediti e sono stati schiavizzati dalla moltitudine degli statalisti.
In una vera Repubblica, gli uomini provano fastidio ogni volta che il Governo - la macchina organizzativa che opera per conto dello Stato - impone qualcosa.
In una vera Repubblica il cittadino rabbrividisce quando riconosce un uomo del Governo dall'aspetto, perché significa che quell'uomo ha smesso di essere come gli altri e si è elevato ad un rango superiore, si è vestito da ministro del culto dello Stato e sta derivando la sua dignità non da se stesso, ma dallo Stato.
In una vera Repubblica, l'uomo libero prova repulsione nell'accostare gli aggettivi di alto, nobile, puro, più grande, onorevole, dignitoso, a tutto ciò che riguarda lo Stato, uomini compresi.
In una falsa Repubblica, invece, elevandosi al di sopra degli altri, gli uomini del Governo possono approvare qualsiasi legge liberticida, perché sanno di non riceverne alcun danno: essi sono così pieni di privilegi da non sentire i lacci che impongono invece ai cittadini.
Quando una Repubblica inizia a vivere soltanto attraverso i simboli, quando i suoi uomini iniziano ad agire attraverso "atti simbolici", quando si parla di palazzi del potere, ecco che la Sovranità popolare è perduta e la Repubblica è caduta. E' sorto al suo posto uno Schiavista che doma il popolo con il bastone e la carota e gli fa credere di farlo per il suo bene.
Ora tiriamo le somme, cittadini.
Lo Stato insegna ad essere schiavi e codardi. Insegna che servire è altamente onorevole, anche se ciò significa commettere atti che, senza divisa, non avremmo mai commesso, come ad esempio costringere una famiglia a sfrattare perché lo Stato ha deciso che la loro casa ha qualche difetto.
In una vera Repubblica non esiste alcun misticismo, invece. La Repubblica è fatta di uomini altamente consapevoli dei loro diritti individuali e della loro capacità di aggregarsi quando è lo Stato stesso a diventare il nemico comune della libertà della Nazione.
Ne ritroviamo uno splendido esempio nella prima Roma repubblicana. Tutti gli uomini maggiorenni e con diritto di parola nei comizi votavano contro o a favore di una certa guerra. Chi votava a favore, scendeva in guerra; chi votava contro, non aveva alcun dovere di combattere e non veniva criminalizzato per questo, perché non esisteva alcun mito statalista, alcun bene superiore al quale tendere, sacrificando il proprio. Ogni cittadino libero era libero nel vero senso della parola. Era Sovrano.
E' falso che con gli anni siamo diventati tutti uomini liberi. E' invece vero che i pochi uomini liberi sono regrediti e sono stati schiavizzati dalla moltitudine degli statalisti.
In una vera Repubblica, gli uomini provano fastidio ogni volta che il Governo - la macchina organizzativa che opera per conto dello Stato - impone qualcosa.
In una vera Repubblica il cittadino rabbrividisce quando riconosce un uomo del Governo dall'aspetto, perché significa che quell'uomo ha smesso di essere come gli altri e si è elevato ad un rango superiore, si è vestito da ministro del culto dello Stato e sta derivando la sua dignità non da se stesso, ma dallo Stato.
In una vera Repubblica, l'uomo libero prova repulsione nell'accostare gli aggettivi di alto, nobile, puro, più grande, onorevole, dignitoso, a tutto ciò che riguarda lo Stato, uomini compresi.
In una falsa Repubblica, invece, elevandosi al di sopra degli altri, gli uomini del Governo possono approvare qualsiasi legge liberticida, perché sanno di non riceverne alcun danno: essi sono così pieni di privilegi da non sentire i lacci che impongono invece ai cittadini.
Quando una Repubblica inizia a vivere soltanto attraverso i simboli, quando i suoi uomini iniziano ad agire attraverso "atti simbolici", quando si parla di palazzi del potere, ecco che la Sovranità popolare è perduta e la Repubblica è caduta. E' sorto al suo posto uno Schiavista che doma il popolo con il bastone e la carota e gli fa credere di farlo per il suo bene.
Ora tiriamo le somme, cittadini.