Purtroppo sopravvivono molti sciocchi luoghi comuni sull'economia e sull'evoluzione della civiltà, luoghi comuni che nelle scuole pubbliche mainstream vengono ancora spacciati per verità e, come tali, inculcati nelle menti degli alunni.
Uno dei più pericolosi è il classico "le macchine hanno rubato posti di lavoro agli uomini". Mi è capitato di leggere addirittura un articolo su un blog che ne parlava, citando il già screditato Ned Ludd, protagonista di un pittoresco aneddoto che lo vuole distruttore di un telaio, reo di aver sottratto lavoro agli operai.
La leggenda, nata nei primi dell'Ottocento e già smentita a metà del secolo da Frédéric Bastiat, continua a infettare libere menti e a produrre pensieri e considerazioni che sfociano nell'assurdo.
Secondo i sostenitori di questa tesi, l'avanzare del progresso tecnologico e quindi l'automatizzazione dei processi produttivi, sottrarrebbe sempre più posti di lavoro ai cittadini, rimpiazzati dalle macchine.
Per smentire empiricamente questo dato, in realtà, basterebbe una brevissima ricerca su google o su qualche libro di storia.
La tecnologia è cresciuta esponenzialmente negli ultimi due secoli. Se alla fine del XIX secolo potevamo solo immaginare macchine capaci di volare, appena trent'anni dopo era realtà e appena sessant'anni dopo stavamo volando verso lo spazio.
Ora, tenendo conto dei progressi della tecnologia e prendendo per vero che essa sottragga posti di lavoro, la conclusione più logica sarebbe che, se nel 1800 c'era una bassissima disoccupazione, oggi dovremmo avere una disoccupazione al 90%.
Per fortuna i dati storici ci riportano con i piedi per terra. Nel 1861 in Italia c'era una disoccupazione dilagante; nel 1947 si attestava al 12%; nel 1962 era al 2,4%; oggi è all'11,3%.
Se fosse vera la tesi di Ned Ludd e dei suoi sostenitori, un tasso di disoccupazione simile a quello del '47 significherebbe che il livello tecnologico in Italia non è mai cambiato da allora, salvo essere diminuito nel 1962, quando sicuramente avranno abolito i trattori nei campi a favore delle braccia umane.
Come vedete, è un controsenso.
Si potrebbe persino sostenere che il progresso tecnologico sia un male per la società e che soltanto le società primitive, stupide, prive di qualsiasi inventiva, siano destinate ad essere felici. Le società che, al contrario, tentano di ottenere di più con minore lavoro grazie alla tecnologia, sono condannate al collasso perché prima o poi le macchine faranno tutto da sole.
Ciò che ha generato la disoccupazione, in realtà, oggi come nei decenni passati, sono state le politiche economiche dello Stato, sempre più orientato ad una economia controllata e a stabilire pavimenti salariali che hanno stravolto il normale corso dei mercati del lavoro. Di questo posso parlare successivamente, ora ci importa riflettere sull'impatto del progresso tecnologico sulla società.
Premessa: lo sviluppo tecnologico è frutto della naturale tendenza dell'uomo ad andare verso ciò che, a parità di soddisfazione finale, gli risparmia del lavoro. Non è una tendenza moderna, ma è stata anzi il motore di tutta l'evoluzione umana, dalla preistoria ad oggi. Se era certamente possibile spaccare una noce con le mani, l'uomo ha comunque preferito usare una pietra per risparmiare forze e tempo, ed ottenere lo stesso risultato, cioè la noce rotta.
E' impossibile quindi, come sostengono i luddisti, fermare questa naturale tendenza per poter conseguire un utopico bene comune, dove tutti hanno un lavoro grazie al blocco del progresso tecnologico. Se uno Stato agisse in questo modo, presto tutti i suoi cittadini emigrerebbero altrove, alla ricerca di condizioni di vita migliori.
Non solo.
Lo sviluppo tecnologico e la sottrazione della forza lavoro a compiti lunghi e faticosi, ha permesso al genere umano di abbandonare la base della c.d. piramide di Maslow e spostarsi ai gradini superiori. In altre parole, l'uomo non più costretto a lavorare per 16 ore al giorno in un campo, ha potuto sviluppare ulteriori interessi e bisogni, più alti e più diversificati del semplice mangiare e bere che lo hanno spinto a zappare. Ha potuto quindi sviluppare un interesse alla lettura, allo sport, allo studio, alle arti, alla scrittura, alle scienze. Tutti interessi che, come ci dimostra l'esperienza odierna, provocano bisogni che il settore terziario e secondario soddisfano costantemente.
Alla luce di questa premessa, possiamo dire che la deduzione dei luddisti è certamente vera sul breve periodo. E' vero, cioè, che una fabbrica che automatizzi i suoi processi produttivi sarà costretta a licenziare un certo numero di impiegati; questa è però soltanto la facciata. Dietro questo licenziamento si nasconde una quantità di denaro risparmiata dall'imprenditore ed un aumento della produzione, con conseguente calo del prezzo di vendita del bene X. Questi fattori provocano un aumento della domanda di bene X, accessibile a fette più larghe di consumatori, e di conseguenza un risparmio ulteriore da parte dei consumatori stessi, che potranno quindi spendere questo risparmio in altri beni Y che altrimenti non avrebbero mai acquistato. Quindi aumenterà la domanda di beni Y e l'offerta tenterà di adeguarsi, dovendo assumere tutti quegli operai licenziati all'inizio. Non solo. L'aumento della domanda di bene X dovrà essere compensato da un aumento dell'offerta, e saranno necessarie ulteriori assunzioni perché sappiamo bene che, per quanto le macchine possano facilitare il lavoro, hanno comunque bisogno del controllo umano.
In tutto ciò, ci sono ancora i soldi risparmiati dall'imprenditore, che andranno in una banca a gonfiare il credito disponibile per ulteriori investimenti.
Se messa giù così può sembrare troppo complessa, posso spiegarlo con un esempio.
Il signor Giacomo ha un'azienda agricola e ha 2 operai che zappano il terreno, che gli costano complessivamente 2 euro al giorno. Viene inventato il trattore ed il signor Giacomo licenzia i 2 operai, compra il trattore che gli costa 10 euro, si siede e inizia a zappare da solo la terra, ottenendo un aumento della produzione e un guadagno sul medio termine.
Un luddista griderebbe allo scandalo e vorrebbe distruggere quel mostro cattivo del trattore. A prima vista, infatti, il trattore ha tolto lavoro a due operai. Dietro l'invenzione del trattore però c'è un incremento della produttività di tutte le industrie coinvolte: estrazione e lavorazione del metallo, assemblaggio, progettazione, produzione della gomma, delle parti elettroniche, banche. Insomma, c'è tutto un mondo grosso come la parte sommersa di un iceberg che, con la sola invenzione di un mezzo, ha bisogno di aumentare la produzione e quindi di assumere anche quegli operai licenziati dal signor Giacomo.
Questa dimostrazione però non tiene conto di quei beni che, pur essendo di largo consumo, non verrebbero consumati di più se il loro prezzo diminuisse. Risponderò direttamente con un chiaro esempio dello stesso e già citato Bastiat:
"Supponiamo che in un paese tutti gli uomini portino dei cappelli. Se, con una macchina, si riesce a ridurne il prezzo alla metà, non ne segue necessariamente che se ne consumeranno il doppio. Si dirà, in questo caso, che una parte del lavoro nazionale sia stata colpita da un blocco? Sì, secondo la dimostrazione volgare. No, secondo la mia; poiché, mentre in questo paese non si compererebbe un solo cappello di più, il monte intero dei salari non ne sarebbe però toccato; ciò che andasse in meno all’industria cappelliera, si ritroverebbe nei risparmi realizzati da tutti i consumatori, ed andrebbe da là a pagare tutto il lavoro che la macchina abbia reso inutile, causando uno sviluppo nuovo in tutte le industrie."
Parliamo comunque di speculazione teorica, priva di numeri, e il ragionamento può adattarsi ove di più, ove di meno alle varie realtà. E' tuttavia fuori discussione il fatto che quando l'uomo riesca a soddisfare un bisogno ad un prezzo inferiore, sposti le sue mire ad altri bisogni prima insoddisfatti. Questo causa sempre un generale incremento di produttività (e quindi di assunzioni) in quei settori che si occupano di soddisfare i nuovi bisogni.
La maggiore disponibilità di denaro da parte degli imprenditori, invece, fa crescere il settore finanziario e produce ulteriori posti di lavoro in banche, non solo per impiegati specializzati, ma anche per semplici addetti alle pulizie, alla porta, alla sicurezza, agli sportelli.
L'unica cosa vera è che i primi a guadagnarci, in tutto ciò, sono gli imprenditori. Ma fa parte del premio dovuto al rischio di aver fatto un investimento e non si può negare questa possibilità di guadagno, altrimenti le imprese si paralizzerebbero. Un imprenditore che sa di non poter guadagnare di più con un investimento, smette di ricercare e la tecnologia non va avanti. Ci perde l'umanità intera.
Se avessi voluto vincere facile, tuttavia, mi sarebbe bastato dire una sola cosa: guardate ai milioni di impiegati nel settore terziario e secondario, sono tutti lavoratori che hanno il loro posto grazie al progresso tecnologico.
Voglio chiudere con le parole di Bastiat:
Così le industrie sono interdipendenti. Formano un vasto insieme in cui tutte le parti comunicano attraverso canali segreti. Ciò che è risparmiato su di una va a vantaggio di tutte. Ciò che importa, è di capire bene che mai, proprio mai, i risparmi hanno luogo a spese del lavoro e dei salari."